
Gli ultimi 10 giorni (difficili) del Regno Unito in Europa
Ultime discussioni e voto dei due rami del Parlamento britannico per decidere se sarà un’uscita brusca oppure senza scossoni. Centinaia di “leggi” europee potranno decadere di colpo alla mezzanotte del prossimo 1º febbraio. Grandi movimenti dei mercati finanziari e grandi preoccupazioni tra gli industriali. Il governo sotto tre volte alla Camera dei Lord (dove i Conservatori non hanno la maggioranza).
Ultime discussioni e voto dei due rami del Parlamento britannico per decidere se sarà un’uscita brusca oppure senza scossoni. Centinaia di “leggi” europee potranno decadere di colpo alla mezzanotte del prossimo 1º febbraio. Grandi movimenti dei mercati finanziari e grandi preoccupazioni tra gli industriali. Il governo sotto tre volte alla Camera dei Lord (dove i Conservatori non hanno la maggioranza).
Questa settimana la Camera dei Lord discute e vota l’Accordo con l’UE per l’uscita del Regno Unito. Poi toccherà a quella bassa, la Camera dei Comuni, dare il voto definitivo e tradurre gli emendamenti presentati dai Lord in nuove leggi inglesi. Una vera corsa contro il tempo.
È comunque certo che questa è la volta buona per l’uscita dalla UE (a meno di eventi eccezionali).
È altrettanto certo però che la Camera dei Lord, dove il premier Boris Johnson non ha la maggioranza, sta vendendo cara la pelle e infatti ieri ha affossato il governo per ben tre volte: ha chiesto di rilasciare i documenti di soggiorno ai cittadini europei già residenti, il riconoscimento delle sentenze della Corte di Giustizia dell’UE e la non indipendenza dei tribunali britannici rispetto la giurisprudenza dell’UE, dopo la Brexit.
Quindi la domanda non è se il Regno Unito lascerà, ma come?
Se il Regno Unito esce con l’Accordo negoziato a novembre con l’UE
Se il Parlamento britannico vota a favore dell’Accordo, Inghilterra e UE avranno ancora valido il quadro normativo europeo per altri 11 mesi, senza scossoni per cittadini, merci e capitali. L’Accordo anticipa alcune “uscite” mirate dalle leggi europee, evitando cioè di creare troppo scompiglio in materie molto sensibili. E dà mandato a organi misti di negoziare fino all’ultima virgola e nell’interesse reciproco per trovare accordi puntuali in tutti i settori nei quali oggi c’è una legislazione comune, fino al 31 dicembre 2020.
Se il Regno Unito esce senza l’Accordo negoziato con l’UE
Se il Parlamento britannico non vota l’Accordo, dal 1º febbraio l’Inghilterra diventa immediatamente un “Paese terzo”, alla stregua di qualsiasi Paese del mondo.
Cioè, pur a pochi chilometri dalle coste europee e dopo ben 47 anni di appartenenza, il Regno Unito non sarà più membro della prima potenza commerciale mondiale e con essa dovrà invece confrontarsi ogni giorno.
Il peso dei Lord inglesi
Le probabilità di uscita con forti danni collaterali sono remote.
Infatti la Camera dei Lord, i cui membri sono in parte nominati dalla Regina Elisabetta II e in parte lo sono in virtù di cariche ecclesiastiche e nobiliari, di norma non ostacola il lavoro legislativo della Camera elettiva, a meno di supremi interessi nazionali. Questo è stato il caso quando si è opposta, lo scorso settembre, al tentativo della Camera dei Comuni di avviarsi verso l’uscita dell’UE senza un Accordo con l’UE.
Tuttavia in queste ultime ore la battaglia tra Camera Alta e governo infuria.
Sulla questione dei ricongiungimenti familiari e dell’accoglienza di profughi e rifugiati – e in particolare di bambini che sarebbero bloccati in Francia e vittime di abusi di vario tipo – Chiesa, membri della Camera dei Lord e opposizioni liberali e laburiste hanno accusato il governo di gravi colpe e di insensibilità, obbligando la Camera dei Comuni ad esaminare una proposta di legge entro domani. Quattro Lord hanno mandato sotto il governo per tre volte.
Industria, commercio, ambiente, investimenti: area di libero scambio?
Il premier Boris Johnson sa benissimo la posta in gioco per l’economia del suo Paese. 440 milioni di consumatori europei contro 66 milioni di Inglesi.
La forza economica della prima potenza commerciale mondiale, l’Unione europea, contro quella di un Paese che fa $2,6 trilioni di PIL conto i $17 trilioni dell’UE.
I produttori e i commercianti inglesi non avranno più libero accesso al mercato europeo. Dovranno sottostare a dazi e restrizioni come per qualsiasi altro Paese al mondo. A meno di accordi commerciali, che Boris Johnson vorrebbe fossero stipulati subito per godere di un’area di libero scambio. Infatti, con una uscita ruvida o morbida che sia, l’Inghilterra sarà comunque considerata come un Paese senza privilegi nei confronti dell’UE. Ma con qualche dovere, per rispettare gli impegni già assunti in taluni settori (compreso il bilancio comunitario).
Dal 1º febbraio, se non avrà ratificato l’Accordo entro la mezzanotte del 31 gennaio, l’Inghilterra non potrà partecipare a gruppi di lavoro misti con l’UE per negoziare un’uscita vantaggiosa (per entrambi) e dovrà subire i diktat di Bruxelles in campo ambientale, sociale, industriale, energetico e finanziario. Nel frattempo Bruxelles registra da molto tempo movimenti di capitali e spostamenti di interessi economici. Chi per ridurre i rischi, chi per cogliere nuove opportunità.
Come cambiano le leggi europee
Le “leggi europee” che gli operatori economici e autorità pubbliche devono conoscere per sapere cosa cambierà in concreto con l’uscita del Regno Unito sono tantissime. Non saranno più applicabili in Inghilterra (a meno di accordi specifici) e tutte dovranno essere adattate alla nuova situazione. Sono centinaia di leggi, in tutti i settori che regolano la vita economica, sociale e finanziaria dell’Europa e che decadranno per il Regno Unito.
Spesso si tratta di norme che i produttori e i commercianti dovranno comunque rispettare se vorranno vendere o commerciare con i Paesi dell’Unione europea. Ma in futuro l’Inghilterra non potrà più negoziare all’interno delle Istituzioni europee.
Qui sotto la eMindMap delle leggi europee che non saranno più d’applicazione dal 1º febbraio per Regno Unito.
